Domenica 20 ottobre sono andate in scena in Moldavia elezioni che hanno potenzialmente la capacità di spaccare il Paese. Maia Sandu ha affrontato le recenti elezioni moldave con un’ambiziosa duplice sfida: ottenere al primo turno un secondo mandato presidenziale e assicurarsi un trionfante “Sì” al referendum per una modifica costituzionale. Pur uscendo vincitrice dalle urne, non ha completamente centrato i suoi obiettivi.

Sul piano dei freddi numeri, Sandu ha consolidato la sua posizione. La leader liberale e filoccidentale, ex funzionaria della Banca Mondiale e leader del Partito di Azione e Solidarietà, ha ottenuto oltre il 40% delle preferenze al primo turno, e il referendum è stato approvato con un margine di circa 20mila voti. Tuttavia, invece di allentare le tensioni interne, questi risultati le hanno acuite. La presidente ha fallito l’obiettivo di vincere al primo turno un secondo mandato, e questo la porrà come figura potenzialmente oggetto di attacchi in vista del secondo turno previsto per il 3 novembre.

Al ballottaggio, Sandu si confronterà con Aleksandr Stoiangolo, ex procuratore e candidato del Partito dei Socialisti, che ha ottenuto il 28%, il doppio dei consensi.

A complicare ulteriormente il contesto, il successo del referendum è stato fortemente influenzato dal voto della diaspora moldava. Il “Sì”, infatti, ha perso di oltre 130mila voti in patria, mentre è stato ribaltato da una maggioranza di 150mila consensi tra i moldavi risiedenti all’estero, che rappresentano un quinto dell’elettorato e la seconda più grande “circoscrizione” dopo quella della capitale Chisinau. Per i suoi avversari, insomma, Sandu è stata presentata come la leader che governa in nome dell’estero, fallendo l’obiettivo di una convincente maggioranza all’interno e all’esterno del Paese.

In una mossa insolita, Sandu ha denunciato presunti brogli e interferenze alla vigilia del voto, malgrado abbia ottenuto un buon risultato, definendo gli eventi “attacchi senza precedenti alla democrazia moldava” e attribuendoli a influenze ostili, citando esplicitamente la Russia come mandante desiderosa di non voler veder l’abbraccio euro-moldavo.  Il Paese, indubbiamente, è spaccato tra la sua radice storica e le prospettive del suo futuro. Questo scenario sottolinea l’inevitabile complessità del posizionamento politico della Moldavia, un Paese ancora alla ricerca di una collocazione definita nel panorama internazionale. Se da un lato il tentativo dei filorussi di avvicinare Chisinau alla Russia portandola a pieno titolo dentro all’orbita di Mosca ha incontrato ostacoli, appare altrettanto difficile immaginare una transizione completa e priva di incertezze della Moldavia verso la sfera d’influenza euro-atlantica.