L’economia tedesca ha subito una vera e propria “gelata” fuori stagione a maggio e giugno entrando nuovamente in una dinamica di crisi che il settore industriale bresciano non può ignorare.
I più recenti dati su maggio hanno lasciato intendere un generale trend recessivo: esportazioni a –3,6% secondo le rilevazioni dell’Ufficio nazionale di statistica, a 131,6 miliardi di euro e, al contempo, importazioni al -6,6%, scese a 106,7 miliardi di euro. Dati tutt’altro che clementi per Berlino, che se sul primo fronte vede calare un’importante fonte di reddito e entrate, sul secondo mostra comportamenti preoccupanti. Meno importazioni vuol dire imprese tedesche che fanno meno scorte, accumulano di meno, si preparano a ulteriori shock. E questo si rifletterà inevitabilmente sulle dinamiche industriali, del resto già piegate nettamente. La
produzione industriale ha segnato -2,5% a maggio ed è a -5% in campi come l’automotive, su cui le innegabili conseguenze per l’industria lombarda e bresciana non tarderanno a manifestarsi.
Il combinato disposto con le misure di austerità fiscale imposte dal governo di Olaf Scholz per tenere salda la maggioranza di Socialdemocratici, Verdi e Liberali (Fdp) litigiosa sul bilancio rischia di creare uno shock di domanda in Europa. Il piano tedesco per la manovra 2025 prevede nuova austerità: spesa pubblica in calo da 489 a 481 miliardi di euro, poco spazio a nuove misure espansive e di welfare, oltre 1,4 miliardi di euro di tagli al Ministero degli Esteri e decurtazione dell’80% del previsto budget per il riarmo, con il bilancio della Difesa che salirà di soli 1,2 miliardi di euro contro i 6 inizialmente previsti.
Questi dati ci devono ricordare la problematica che la Germania può rappresentare per le prospettive economiche e di sistema del tessuto industriale. Se la Germania starnutisce, l’Europa prende il raffreddore e il combinato disposto di austerità di ritorno e crisi industriale tedesca, acuita dai rincari energetici che Berlino deve sostenere per sostituire il gas russo un tempo decisivo e dal ritorno di fiamma della competizione economico-commerciale con la Cina a colpi di dazi e limitazioni commerciali come il caso auto elettriche insegna, può frenare l’Europa. Brescia deve prendere appunti. Stando all’elaborazione del Centro Studi Confapi Brescia su dati Istat, nel 2023 su 20,5 miliardi di export verso tutti i mercati primo partner è stato proprio la Germania, con 3,91 miliardi di euro (19%) e seconda la Francia con 2,17 (10,6%). Paese, quest’ultimo, che en passant si trova ad affrontare un indebitamento-record e il rischio procedura d’infrazione europea. Complessivamente l’UE pesa per 13,14 miliardi (64,1%), l’Europa non UE per 2,53 (12,34%), e dunque dal rallentamento tedesco è colpito potenzialmente il futuro di oltre il 76% dell’export bresciano, dipendente da un mercato europeo che segue la “temperatura” della Germania. E tra tassi ancora alti e inflazione che non se ne vuole andare, la gelata d’estate della Germania rischia di sfociare in un autunno turbolento.