Sono passati quattordici anni, ma alla fine nel Regno Unito il Partito Laburista ce l’ha fatta ed è tornato al governo dopo la vittoria elettorale del 4 luglio scorso al voto anticipato convocato dall’ormai ex premier Rishi Sunak.
Sir Keir Starmer, 60 anni, avvocato, deputato Labour dal 2015 e leader del partito dal 2020, è il nuovo primo ministro. Complice la legge elettorale maggioritaria, con poco più del 33% dei voti il Partito Laburista ha vinto oltre 400 seggi su 650 della Camera dei Comuni conquistando la maggioranza più ampia dai tempi di Tony Blair nel 1997. La sconfitta del Partito Conservatore che governava dal 2010 è dura e senza appello e impone alla formazione egemone della destra britannica un ampio ripensamento, complice la dura sfida imposta nello stesso campo dal Reform Party dell’ex tribuno pro-Brexit Nigel Farage, eletto per la prima volta deputato all’ottavo tentativo.
Il Regno Unito si trova alla prima alternanza di potere indotta dalle urne dal 2010 a oggi in una fase cruciale per il suo sviluppo futuro. Più delle conseguenze della Brexit oggi a pesare sembrano essere le disuguaglianze interne al Regno e due scollamenti paralleli. Da un lato, quello tra l’Inghilterra periferica e Londra. Dall’altro quello tra la terra inglese tutta, madrepatria del dominio di Sua Maestà, e le Home Nations, ovvero Scozia, Galles e Irlanda del Nord, colpite da crisi economiche, impoverimento, marginalizzazione.
La sfida di Starmer sarà quella di trovare un nuovo modello di sviluppo. Politico.eu ricorda che una prima svolta potrà essere, per un partito incoronato da una maggioranza schiacciante, quella degli investimenti in capitale fisso per la cittadinanza: infrastrutture, reti di comunicazione, alloggi pubblici. In quest’ottica “Il partito laburista ha promesso di far partire i grandi progetti infrastrutturali molto più velocemente ridefinendo cosa è “di rilevanza nazionale” e riscrivendo le cosiddette dichiarazioni di politica nazionale, con l’intenzione di rendere più difficile per le autorità locali bloccare lo sviluppo”. Il manifesto vincente di Starmer “si impegnava anche a costruire 1,5 milioni di nuove case nel corso della prossima legislatura, concentrandosi sull’utilizzo di aree industriali dismesse e della “cintura grigia”, ovvero terreni erbosi alla periferia delle città britanniche o stazioni di servizio in disuso che sono state ufficialmente designate come cintura verde”. Al centro del piano anche la clausola di rifinanziamento del National Health System, il servizio sanitario nazionale.
Politico.eu ricorda poi la volontà del Labour di un nuovo rapporto a tutto campo con l’Unione Europea: “Il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha effettuato la sua prima visita all’estero a Berlino appena 24 ore dopo il giuramento, dichiarando che per Londra è tempo di ripristinare i nostri rapporti con i suoi amici e alleati europei” e, inoltre, “in cima all’agenda c’è l’ambizione dichiarata del partito laburista di negoziare un accordo quadro con l’Unione, nel tentativo di agevolare gli scambi commerciali e ridurre gli attriti alle frontiere per le imprese”.