L’Unione Europea ha decretato l’imposizione di dazi del 38% sulle auto elettriche cinesi. Una mossa che rilancia politicamente la prospettiva di un allineamento tra Bruxelles e gli Usa in materia di contenimento dell’attivismo economico della Repubblica Popolare.

I dazi provvisori, introdotti dopo un’indagine sui sussidi statali cinesi ai produttori di veicoli elettrici, hanno immediatamente suscitato la condanna di Pechino. La Cina ha già minacciato ritorsioni contro gli agricoltori e i produttori di aerei europei e ha avviato un’indagine antidumping contro i prodotti alcolici francesi. L’obiettivo strategico è utilizzare la minaccia dei dazi per spingere le case automobilistiche cinesi a formare joint venture in Europa e condividere la loro tecnologia con le controparti dell’UE, secondo quanto riferito da quattro diplomatici e due alti funzionari a Politico.eu.

“Arrivate pochi giorni dopo le elezioni del Parlamento europeo, le tariffe rappresentano una scommessa ad alto rischio da parte di Ursula von der Leyen, che sta cercando un secondo mandato alla guida dell’esecutivo dell’UE. Per restare, avrà bisogno del sostegno del presidente francese Emmanuel Macron, che vuole dazi più alti, e del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che non li vuole”, ha commentato Politico.eu.

Dalle istituzioni europee è arrivata una risposta che potrebbe essere confacente all’idea di Europa proposta da Mario Draghi, di cui si aspetta la pubblicazione del prossimo rapporto sulla competitività, su cui filtra che l’ex premier italiano stia lavorando pensando soprattutto a misure capaci di reagire a venti di crescente protezionismo.

Nel clima della sempre più dura competizione geostrategica tra l’Occidente e Pechino la guerra commerciale europea ha la possibilità di divenire una mossa funzionale a creare nella Cina la consapevolezza che anche l’Europa possiede i mezzi per non soccombere sul fronte della competitività economico-commerciale. E può essere letta anche come una manovra segnaletica spendibile su altri fronti.

Non serve esagerare in termini di fantasia per analizzare che Pechino può esser chiamata dai Paesi occidentali, con le sanzioni commerciali, a cercare mosse per controbilanciarle. E uno scenario su cui molti guardano è quello dell’Ucraina. Il recente summit svizzero di pace ha mostrato che senza Pechino sarà con ogni probabilità impossibile addivenire a una soluzione negoziata nel tormentato Paese invaso dalla Russia. Alzare la posta verso la Cina chiamandola a un passo di ragionevolezza verso la Russia colpendola nel portafoglio può essere pensato come

un passo non secondario su cui l’Europa si può muovere? Presto per dirlo, ma la pista in questione non è di fantapolitica.