La partita delle materie prime coinvolge l’intera economia internazionale, e oltre gas e petrolio c’è un intero mondo di risorse da osservare con attenzione. Per l’industria un tema fondamentale sarà, in particolare, capire in che misura le complesse sfide della transizione green e digitale impattano sulla filiera dell’approvvigionamento di materie prime nelle economie occidentali. La sfida riguarda da vicino tutti gli operatori industriali, anche se non soprattutto di settori orientati alla trasformazione come quelli dominanti nell’industria italiana, lombarda e bresciana, che nei nuovi paradigmi produttivi possono vedere da un lato interessanti catene del valore su cui posizionarsi e dall’altro nuove sfide e criticità degli approvvigionamenti.
“Tra le materie prime da osservare con attenzione c’è il rame, che nel mese di aprile è passato da 9mila a 10mila dollari a tonnellata sui mercati internazionali. malgrado una condizione di stagnazione dell’economia europea e cinese”, dichiara all’Osservatorio Internazionale di Confapi Brescia l’analista economico e finanziario Gianclaudio Torlizzi, consulente di Confapi e del Ministero della Difesa sulle tematiche relative alle materie prime. Torlizzi spiega l’importanza del rame: “Il prezzo di questo metallo è cresciuto sull’onda dell’accumulo di scorte strategiche da parte della Cina che, a differenza dei Paesi europei, sul fronte della sicurezza economica preferisce l’accumulazione delle commodities. L’approccio occidentale è invece centrato su incentivi per aumentare l’offerta”. In quest’ottica, “il ristoccaggio cinese si somma alle aspettative per un aumento della domanda legato alle politiche di elettrificazione e implementazione dell’intelligenza artificiale. Tanto per dare un’idea, un data center da 1 MW necessita tra le 20 e le 40 tonnellate di rame. Questo assolutamente rende il rame una delle materie prime su cui concentrare l’attenzione”, spiega Torlizzi.
Non solo rame nel focus degli operatori, per motivazioni economiche e geopolitiche, spiega Torlizzi, che dichiara: “Non perderei poi di vista l’oro, in una dinamica di scollamento rispetto alla tradizionale correlazione inversa col dollaro. Lo si vede guardando alla dinamica di acquisto da parte di Russia e Cina, le cui banche centrali hanno iniziato a acquistare oro in risposta al congelamento degli asset della banca centrale russa dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022”, ragiona Torlizzi, “come garanzia contro l’inasprimento di futuri pacchetti sanzionatori. Così facendo però l’oro si è sganciato dalla correlazione inversa con il dollaro, e questo implica una perdita del controllo del pricing delle materie prime da parte degli Usa, con la Federal Reserve che ha meno presa”, conclude l’analista. Rendendo il caos dei prezzi delle commodities un ulteriore fattore d’incertezza in relazioni internazionali sempre più volatili.