L’Europa marcia al passo di Viktor Orban sull’Ucraina e la risposta all’aggressione russa. Tre indizi fanno una prova. Il mese di marzo li ha offerti. Il premier dell’Ungheria ha innanzitutto messo il veto al sostegno rafforzato a Kiev da parte dell’Unione Europea e al suo accesso al blocco al Consiglio Europeo di inizio marzo. Ha poi, in quella sessione e nella successiva di metà mese, sottratto la sua firma a quella del resto dei Ventisette nella presa di posizione compatta per la fine dell’aggressione di Mosca a Kiev. Infine, ha contrapposto un’Europa della violenza, della guerra, dei massacri e delle stragi a un’idea di pace che a suo avviso sarebbe rappresentata dal presidente Usa Donald Trump e da Vladimir Putin, intenti a cercare un dialogo diretto che esclude l’Ucraina e l’Europa dal tavolo delle trattative.

In un contesto in cui, con tutti i suoi limiti, l’Unione cerca di trovare una via nella tenaglia russo-americana le sortite solipsiste di Orban non aiutano a portare avanti un progetto politico e strategico che sappia essere d’interesse collettivo per il Vecchio Continente. C’è modo e modo di promuovere i propri interessi, anche quelli più dissonanti, in un quadro di comune convivenza tra Paesi. Orban non è certamente l’unico leader comunitario a mostrare dissonanza con la linea dei maggiori Paesi sull’Ucraina. Altri, però, provano a giocare la loro partita in un quadro di comune unità europea.

Zoran Milanovic, il presidente croato, è stato eletto su una piattaforma pro-pace a gennaio e ha messo in chiaro che Zagabria non invierà alcuna truppa a sostegno di un eventuale task force comunitaria, ma questo non ha impedito al Paese ex jugoslavo di schierarsi convintamente a favore dell’unità territoriale dell’Ucraina. E l’ancora più divisivo Robert Fico, che ha perfino incontrato Putin a dicembre, non ha deviato dal via libera alle condizioni europee sulla pace in Ucraina e ha ribadito l’appoggio al Paese invaso, provando però a negoziare un accordo con

Bruxelles per far inserire nelle posizioni ufficiali europee verso l’Ucraina un’attenzione al problema delle forniture di gas russo via tubo a Bratislava che preoccupa il leader socialdemocratico populista della Slovacchia.

Urge capire dunque che Europa voglia, Orban. Un’Europa, davvero, più sovrana o un’Europa inevitabilmente sabotata? L’Europa non può esser bianca quando sblocca gli aiuti miliardari a Budapest e nera quando prova a cercare una linea a tutto campo su dossier da cui dipendono la sua esistenza e la sua tenuta negli affari globali e strategici.

 “L’Unione non può essere una rete finanziaria progettata per indebolire i governi nazionali. La stessa pulizia che i nostri amici americani stanno facendo a Washington è qualcosa di cui avremo bisogno qui a Bruxelles”, ha detto il 19 marzo Orban a Budapest in occasione della consegna di un premio a un leader sovranista amico che si è impegnato per la “difesa dell’Europa”. Quel leader è Matteo Salvini, vicepremier del governo italiano. Ma che Europa stanno difendendo i dioscuri del sovranismo populista d’Europa? Una più indipendente e sovrana o forse una più attenta ai desiderata del nuovo corso politico a Washington? A pensar male, diceva Giulio Andreotti, si fa peccato. Ma molto spesso ci si azzecca.