La settimana appena trascorsa è stata una delle più cupe per l’Unione Europea dalla sua nascita a oggi. Al centro di tutto, la telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin di mercoledì 12 febbraio che ha sdoganato i colloqui diretti Usa-Russia per porre fine alla guerra in Ucraina. Sulla testa di Kiev e, al contempo, su quella degli alleati europei si consuma il patto di potere tra Washington e Mosca.

E non finisce qui. L’Europa è stata investita da una serie di affondi da parte dei collaboratori più stretti di Trump: il capo del Pentagono Pete Hegseth (11 febbraio) ha spronato l’Europa a fare di più per la sua difesa e la sua sicurezza, ricordando che la copertura americana non sarà più garantita in futuro. Il vicepresidente J.D. Vance nella giornata del 14 febbraio ha rincarato la dose attaccando le élite europee alla

Conferenza sulla Sicurezza di Monaco denunciandone lo scollamento dalla realtà, la paura della libertà d’espressione e promuovendo un manifesto nazional-conservatore e populista della nuova visione geopolitica degli Stati Uniti. Da ultimo, il 16 febbraio l’inviato speciale di Trump per la pace in Ucraina, generale Keith Kellogg, ha detto a gran voce che Washington non farà sedere gli alleati europei al tavolo delle trattative, limitandosi a tenerli aggiornati.

Parliamo di una serie di affondi a cui si somma la pretesa di chiedere all’Ucraina una quota enorme (500 miliardi di dollari di controvalore) delle risorse di terre rare e minerali critici come compensazione per il sostegno militare americano. Un unilateralismo potente e che mostra tutta la sua problematicità. Washington va in all-in e Trump vuole chiudere la guerra in Ucraina. Ma non sarà facile. Leggendo i comunicati con cui Trump e Putin hanno commentato la telefonata del 12 febbraio, si nota come i due vadano alle trattative con spirito diverso. Il presidente Usa si focalizza sulla necessità di risolvere il conflitto a Kiev, quello russo sulla volontà di rispondere alle “problematiche aperte” tra Mosca e Washington. Segnalando un fronte che va oltre l’Ucraina. E per il cui complemento a Trump forse in futuro serviranno gli alleati oggi sdegnosamente snobbati.