Tre anni di investimenti in decoupling energetico, pressioni su Mosca e ricerca di fonti alternative e scopriamo che il gas russo non se n’è ancora andato dall’Europa. Certo, sono lontani i tempi in cui, prima dell’invasione dell’Ucraina, Mosca pesava per circa il 40% nel mix energetico del Vecchio Continente. Ma vedere che ancora il 10-15% delle forniture, mediamente, arriva dal Paese di Vladimir Putin colpisce, specie alla luce delle continue corse a separare i destini energetici dell’Europa da quelli del gigante euroasiatico.

In particolare, è in crescita l’import europeo di gas naturale liquefatto, ovvero proprio la risorsa con cui l’Ue voleva cercare nuove forniture, a costo di pagare ulteriormente in termini di bolletta energetica a produttori come Usa, Qatar, Norvegia. Come riportato su Sky Insider, “dall’1 al 15 gennaio, infatti, l’Europa ha acquistato dalla Russia oltre 837mila tonnellate di Gnl, in aumento del 10% rispetto allo stesso periodo del 2024 e del 23% rispetto al 2023” in un contesto in cui “fattori climatici e problematiche energetiche hanno contribuito a sdoganare la ripresa del Gnl russo, permettendogli di superare a fine 2024 il Qatar come secondo fornitore europeo del settore dopo gli Stati Uniti. E se già il 2024, con quasi 18 milioni di tonnellate totali, era stato caratterizzato da un record di forniture, il 2025 appare in corsa per permettergli di battere la quantità esportata dal sito di Yamal verso l’Europa”, in particolare verso la Germania che ha già sestuplicato il suo acquisto di Gnl russo nel 2024 e potrebbe, in quest’ottica, pesare ulteriormente per il 2025 sull’import comunitario.