Sei settimane di pause dai combattimenti, 33 ostaggi israeliani che usciranno dalla Striscia di Gaza, oltre 700 detenuti palestinesi rilasciate dalle carceri di Tel Aviv.
L’accordo di Gaza c’è, dopo 470 giorni nella giornata di domenica 19 dicembre sono taciuti i cannoni, non sono più rombati i caccia e non si è più sentito il crepitio dei mitra nella Striscia di Gaza contesa dal 7 ottobre 2023 in una guerra che ha fatto decine di migliaia di morti.
Nel primo giorno sono usciti dalla Striscia di Gaza 3 ostaggi e sono tornati in Palestina 90 detenuti rilasciati da Israele nel quadro dell’operazione “Wings of Freedom”. Decisiva la mediazione guidata dal Qatar che, come nota un report di Anna Mier y Terran per l’Universit della Navarra ha “una storia di efficaci sforzi di mediazione , come dimostra il suo coinvolgimento nella mediazione di accordi di pace con il Libano nel 2008, lo Yemen nel 2010, il Darfur nel 2011 e Gaza nel 2012“.
Nonostante l’attuale tregua tra Israele e Hamas e la temporanea distensione in Libano, è difficile credere che il conflitto del Medio Oriente stia davvero giungendo al termine. La sospensione delle ostilità tra le due parti a Gaza, dopo più di quindici mesi di violenze, potrebbe sembrare un passo verso la pace, ma la storia della regione suggerisce che esiste la possibilità che questa pausa non segnerà la fine della conflittualità, piuttosto potrebbe solo traslarla su altri fronti.
In Libano, anche se il paese tenta di ricostruire la propria stabilità dopo le tensioni derivanti dal conflitto di Israele con Hezbollah, la situazione rimane incerta. Nonostante gli sforzi per riprendersi e creare un fragile equilibrio interno, il paese continua ad affrontare forti sfide politiche ed economiche. La violazione delle tregue e le lotte interne indicano che la pace, in questa regione, potrebbe essere solo una facciata pronta a frantumarsi non appena emergono nuove contese, alimentando nuovi scontri o tensioni.
In effetti, il cessate il fuoco, benché ben accolto, potrebbe non fare altro che spostare il baricentro della guerra, alimentando nuove esplosioni di violenza altrove. In un contesto così volatile, è evidente che la pace in Medio Oriente è solo una speranza lontana, destinata probabilmente a essere oscurata dalle contingenze politiche ed economiche della regione. La minaccia principale è quella di un confronto diretto Israele-Iran. Come notato su InsideOver,“olto dipenderà dall’evoluzione del teatro che per diversi osservatori può essere terreno di coltura e laboratorio di un nuovo confronto con l’Iran, ovvero quello Yemen ove proseguono i raid contro gli Houthi. Se Israele e Usa si muoveranno ancora fianco a fianco contro gli ultimi alleati iraniani rimasti a contrastare Tel Aviv e i suoi partner, potrebbe essere l’avvisaglia che qualcosa di grande si prepari su Teheran. I falchi a Washington e Gerusalemme sono pronti. Netanyahu non escluderebbe l’opzione”.