Qual è il senso del Natale, oggi? Un credente potrebbe rispondere citando le parole di un’omelia natalizia del 2007 dell’allora pontefice, Benedetto XVI: il giorno in cui Dio si fa uomo perché «vuole liberarci dalla nostra superbia e renderci così veramente liberi. Lasciamo dunque che la gioia di questo giorno pervada la nostra anima. Non è un’illusione. È la verità».

Per chi vuole limitarsi al senso sociale e civile della celebrazione del Natale, rimane senza tempo quanto scrive Charles Dickens in Christmas Carol, ovvero l’invito a pensare al Natale come a «un momento gentile, indulgente, caritatevole, piacevole; l’unico momento che conosco, nel lungo calendario dell’anno, in cui uomini e donne sembrano, di comune accordo, aprire liberamente i loro cuori chiusi e pensare alle persone al di sotto di loro come se fossero davvero compagni di viaggio». Un momento di riposo e attesa, dunque, che per le nostre società è associato alla placidità della vita domestica e alla familiarità.

Del Natale, decisori e osservatori possono limitarsi a osservare, nei nostri giorni, le ricadute economiche. L’altra faccia del Natale, nelle nostre società, è il consumo. Quest’anno, nella sola Italia, il valore di spesa per consumi natalizi è dato in ascesa a 5 miliardi di euro, +6% sull’anno scorso. L’invito è a riflettere quanto di questo consumo sia essenziale al rafforzamento del calore umano e famigliare delle feste e quanto, invece, dovuto alla frenesia del momento. Fermarsi e riscoprire il senso dell’attesa è a dir poco vitale. Pensando anche a chi, all’ombra delle nostre società affluenti, un Natale rischia di non avercelo, a partire dai fragili come disoccupati, senzatetto, anziani abbandonati che organizzazioni come la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio ospiteranno nelle loro strutture.