C’è anche una parte del mondo in cui il Natale, invece, non c’è, perlomeno in pubblico. E in cui questa giornata passerà come tante altre. A volte – ma non necessariamente – per legge. Vale per la Corea del Nord, impenetrabile a qualsiasi cultura religiosa non tanto per l’ateismo di Stato di facciata quanto piuttosto perché la vera fede pubblica è il culto del leader. L’Ideologia Juche della monarchia rossa dei Kim divinizza i due presidenti defunti, Kim Il-sung (“Presidente eterno”) e Kim Jong-il (“Segretario eterno” del Partito dei Lavoratori), ha i suoi luoghi di culto nei loro territori di nascita e il sommo sacerdote del loro culto nel capo di Stato Kim Jong-un. Lo stesso vale per la leadership dell’impenetrabile Turkmenistan. Mentre in due Stati – l’Arabia Saudita e l’Afghanistan dei Talebani – è vietato esplicitamente qualsiasi tipo di celebrazione pubblica. Un dato di fatto che fa riflettere pensando a quanto, nella narrazione, il secondo sia presentato (non senza torto) come un luogo inospitale e la prima sia elogiata come un partner commerciale ed economico, un Paese amico, perfino un luogo ideale per ospitare i Mondiali di calcio. Ci sono luoghi dove il Natale non c’è, semplicemente, perché non è mai arrivato: in Bhutan, Paese himalayano di osservanza buddhista, ma anche nelle steppe dell’Uzbekistan e del Tagikistan. Ciò ci ricorda che il mondo è a più volti. Non necessariamente quelle diverse dalle nostre ci sono ostili. Conoscerle, però, è doveroso. Dal mondo globale non ci si può ritirare così facilmente. E capire come sarà il Natale nel mondo aiuta a comprenderlo.