L’Ucraina vivrà il suo terzo Natale di guerra. E in altre parti del mondo il Natale sarà a rischio o negato. In questo 2024 per la seconda volta saranno blindati dalla guerra tra Israele e Hamas i luoghi della Natività. Betlemme non è nella Striscia di Gaza, ma anche in Cisgiordania i palestinesi soffrono per l’aggressività dei coloni israeliani e la debolezza di un’autorità centrale capace di garantire i loro diritti. La speranza è che dopo 11mila bambini uccisi in 14 mesi, questo Natale sia l’ultimo di guerra per gli abitanti della Striscia di Gaza, in cui la Custodia di Terrasanta proverà a portare la luce delle festività ai pochi cristiani locali.
Natale incerto, invece, per decine di migliaia di cristiani siriani. La caduta del regime di Bashar al-Assad è stata salutata da milioni di cittadini del Paese mediorientale come la liberazione da una dittatura cinquantennale, ma all’ombra di questo cambiamento non vanno nascoste eventuali criticità. E il rischio più grande, percepito da molte comunità di cristiani siriaci, greci e, soprattutto, armeni è che l’ascesa al potere di organizzazioni militanti e islamiste come Hay’at Tahrir al-Sham, erede di al-Qaeda, equivalga alla repressione dei diritti dei fedeli a celebrare il Natale. Ad Aleppo la guerra civile bloccò le celebrazioni dal 2012 al 2016. Negli anni scorsi, la seconda città della Siria si è illuminata delle celebrazioni del Natale. Sarà così anche quest’anno? Sarebbe un grande messaggio di speranza per la nuova Siria, anche se mancheranno molti degli armeni fuggiti dalla città, che temono il ruolo della Turchia dietro i ribelli vittoriosi. Gli armeni cristiani ad Aleppo erano 80mila dieci anni fa. Ora ne sono rimasti solo 15mila.
Non sarà facile nemmeno per chi intende celebrare il Natale in diversi contesti problematici: pensiamo ad Haiti, dove la violenza delle gang devasta il Paese più povero dell’Occidente e si vive una situazione di anarchia e precarietà; al Nicaragua, ove la dittatura di Daniel Ortega combatte una guerra senza quartiere alla Chiesa cattolica,
ultima trincea di resistenza al suo potere; al Sudan e al Myanmar, Paesi sconvolti dalla durezza di due guerre civili spesso dimenticate dai grandi media ma che rappresentano buchi neri nella geopolitica globale in due aree strategiche. Il Natale arriva in un mondo in guerra come mai lo era stato dal 1945 a oggi. La speranza è che dal prossimo anno una rinnovata consapevolezza consenta di portare notizie migliori. Spes contra spem, a Natale, è l’unico motto che vale la pena assecondare.