Dopo la vittoria di Trump il 7 novembre, l’Europa si è trovata a dover considerare attentamente le implicazioni di un suo ritorno alla presidenza. L’occasione di confronto è stata il vertice della Comunità Politica Europea, tenutosi a Budapest, che offre una piattaforma di dialogo e coordinamento tra i Paesi del continente. Questo forum, ideato dal presidente francese Emmanuel Macron, funge da G20 informale europeo e permette ai leader europei di valutare l’impatto di una nuova era Trump per le dinamiche transatlantiche.
Molti esperti, si è spiegato su Affari Italiani, avevano previsto che la Casa Bianca, sia con Trump sia con una possibile presidenza Harris, avrebbe continuato a seguire una linea politica fortemente ispirata all’”America First”.. Entrambi i percorsi delineavano uno scenario in cui l’Europa viene trattata non come un partner alla pari, ma come un alleato subordinato. La presidenza Biden ha già messo in pratica questo approccio, puntando a una reindustrializzazione americana alimentata, in parte, dalla crisi energetica europea. Con l’Inflation Reduction Act, gli Stati Uniti hanno attratto ingenti investimenti stranieri, mentre l’esportazione di gas naturale liquefatto americano, costoso per l’Europa, ha consolidato l’indipendenza energetica di Washington e il legame ad essa dell’Ue. Inoltre, Biden ha incentivato un aumento della spesa per la difesa europea, un’opportunità che avvantaggia l’industria bellica statunitense. Allo stesso tempo, l’approccio verso la Cina,
aggressivo e focalizzato sui benefici americani, non sempre coincide con le priorità strategiche dell’UE.
Giancarlo Aragona di Ispi ha indicato i due fronti su cui il Trump 2.0 può impattare stimolando maggiore assertività per l’Europa: “In primo luogo, dovranno agire per tempo e senza timidezze per essere propositivi a Washington, additando aspettative e percorsi sulle maggiori crisi aperte, in vista di una azione comune. Senza questo contributo europeo, non potremmo escludere posizioni o iniziative USA su questioni cruciali come le crisi mediorientali ed il terrorismo, il futuro dell’accordo sul nucleare con l’Iran, i rapporti con la Russia, le relazioni con la Cina, non allineate con le nostre sensibilità e interessi”. In secondo luogo, nota Aragona, “occorre che l’Unione Europea si decida a potenziare la propria sfera di azione in materia di politica estera e di difesa, acquisendo le necessarie risorse e superando resistenze ideologiche e pratiche. Questa presa di coscienza, con relativa assunzione di responsabilità, è sembrata infine delinearsi. Con la Presidenza Trump verrà meno l’alibi della supposta contraddizione tra strumenti europei e atlantici”. Insomma, come ha anche ricordato di recente Mario Draghi, può essere l’ora della maturità e della fine dell’inerzia europea. A patto di capire la posta in gioco.