La scelta del cancelliere tedesco Olaf Scholz di licenziare il ministro delle Finanze Christian Lindner ha di fatto sancito il collasso della coalizione di governo tra i socialdemocratici, partito di Scholz, i liberali di Lindner e i Verdi. Berlino andrà al voto entro la primavera, con almeno sei mesi d’anticipo sul finire della legislatura. E questa mossa testimonia come la crisi economica e produttiva del Paese centrale in Europa stia adesso prendendo le forme anche di una vera e propria tensione istituzionale.
Si parla di un voto entro gennaio ma, ricorda Politico.eu, “Friedrich Merz, leader dell’Unione cristiano-democratica (CDU) conservatrice, ha fatto pressioni su Scholz affinché anticipi drasticamente questa tempistica, in modo che si svolgano elezioni anticipate a gennaio, prima che Donald Trump entri in carica negli Stati Uniti. Merz, che in base agli attuali sondaggi dovrebbe diventare il prossimo cancelliere della Germania”, intende spingere per capitalizzare i consensi che volano via dalla maggioranza rosso-giallo-verde. Berlino si avvia a un fine 2024 in recessione e senza governo in funzione. Il tentativo di coniugare la spinta alla transizione energetica dei Verdi, quella sociale della Spd e la volontà dei liberali di non imporre nuove tasse non ha retto al combinato disposto tra guerra in Ucraina, rincari energetici, crisi industriale che ha fatto avvitare il modello tedesco. A essere messa sotto pressione è la Germania che ora attende, prima tra le nazioni in Europa a esserne interessata, l’onda del Trump 2.0 e delle possibili conseguenze economiche e commerciali in una situazione di grande vulnerabilità.