La Bolivia è nel pieno del caos. A pochi mesi dalle elezioni presidenziali Luis Arce, presidente in carica, è in lotta con il predecessore di cui fu ministro dell’Economia e vice, Evo Morales, deposto nel 2019 e ora desideroso di veder ribaltato il verdetto giudiziario che impedisce al primo capo di Stato di origine indigena dell’America Latina di ricandidarsi. Il Movimento al Socialismo (Mas) che governa La Paz dovrà scegliere il suo candidato per le presidenziali di maggio in poche settimane, e lo scontro è aperto.
Da ultimo ha acceso lo scontro il mandato d’arresto lanciato contro Morales per presunti abusi sessuali contro una minorenne da cui avrebbe avuto un figlio nel 2016, riconoscendolo un anno dopo e garantendo, da presidente in carica, favori politici ai genitori per mettere a tacere lo scandalo. “Inventando accuse, distorcendo le leggi e con la complicità di sicari della giustizia, intendono arrestarci e porre fine alle nostre vite. L’obiettivo è smantellare il movimento popolare boliviano”, ha scritto l’ex presidente su X. Morales, presidente dal 2006 al 2019, ha accusato Arce di aver organizzato un golpe militare farlocco per blindarsi al potere a luglio e, dopo aver a lungo incitato una protesta anti-Arce e aver minacciato di marciare sulla capitale, si è ritirato nella sua roccaforte del Chapare, dove vivono i coltivatori di coca (cocaleros) di cui è stato sindacalista prima di avviare la corsa al potere.
Il Paese è dunque spaccato. Come riporta El Pais, “il Chapare è una delle zone di coltivazione della coca in Bolivia e la roccaforte politica di Morales, che se ne andò nel 2006 per diventare presidente del paese e che continua a essere il principale leader dei contadini che vivono lì. Questi hanno avvertito che “qualcosa di grave sta per accadere in Bolivia”, e hanno aggiunto: “Non permetteremo loro di toccare, e ancora peggio, di imprigionare Evo”. Se così fosse, hanno detto, ci saranno “insurrezione e convulsioni”, secondo il loro leader, Dieter Mendoza”. E mentre il Paese è paralizzato, il rischio di crisi politica getta in prospettiva un’ombra sul mercato globale del litio, risorsa strategica per la transizione green e digitale di cui La Paz è uno dei primi produttori globali e su cui si concentrano le mire di Cina, Russia e Usa. La spaccatura della Bolivia apre all’inserimento di attori