Stallo politico a tutto campo in Venezuela, dove il voto di fine luglio ha visto la contestatissima vittoria di Nicolas Maduro contro il candidato dell’opposizione unitaria Edmundo Gonzalez Urrutia. Il governo socialista di Caracas è accusato da buona parte della comunità internazionale di star pilotando la politica interna falsificando l’esito di un voto che l’avrebbe visto sconfitto. Maduro, sostenuto da pochi Paesi (Russia, Cina, Iran, Cuba, Nicaragua, Bolivia) si proclama invece vincitore del voto e chiama alla “resistenza” contro l’Occidente e i suoi alleati in America Latina. Ma anche governi tutt’altro che pregiudizialmente ostili al chavismo hanno dubbi sulla corretta procedura elettorale.

Tra questi, in testa, il Brasile di Lula, che come scritto su Insider di SkyTg24teme il collasso del Paese nella guerra civile e un’ondata di profughi oltre i confini e ha offerto una mediazione rifiutandosi però di riconoscere la vittoria di Maduro: “La speranza di Brasilia è che un dialogo possa maturare. Il problema, per Lula, è che da Caracas non sembra esserci disponibilità ad accettare altro esito che quello auto-proclamato dalle istituzioni governative. Così va inteso l’ordine d’arresto spiccato dal Venezuela nei confronti di Gonzalez Urrutia, il candidato di opposizione ora riparato in Spagna. Un passo che racconta della sordità di Maduro a ogni tentativo di compromesso. Anche a costo di sacrificare gli sforzi di chi, come Lula e gli alleati, sta cercando di operare come pontiere per evitare il caos generalizzato a Caracas”.

La crisi racconta dunque di una situazione in stallo totale e di tensioni pronte a riaccendersi ora che il governo di Caracas punta sulla repressione del dissenso e l’opposizione unita, dal centro-sinistra alla destra conservatrice, è in all-in contro Maduro. Il Venezuela, Paese con le prime riserve petrolifere al mondo in preda a una durissima crisi economica, rischia l’anarchia, capace di destabilizzare un’area di mondo da tempo soggetta a turbolenze politiche. E che mettono di fronte al rischio di una crisi umanitaria senza precedenti nella storia recente dell’America Latina qualora il braccio di ferro dovesse continuare