Con 316 miliardi di euro di export nel primo semestre del 2024, l’Italia è diventata la quarta nazione al mondo per controvalore di prodotti manifatturieri e industriali venduti fuori dai propri confini. In sei mesi sono stati sorpassati la Corea del Sud prima e il Giappone poi, e ora Roma si classifica alle spalle dei giganti del settore, Cina, Usa e Germania.

Un risultato importante che invita a alzare ulteriormente l’asticella della competitività del sistema-Paese. Quando si raggiungono importanti risultati, infatti, prima ancora di sedersi sugli allori conviene analizzare quali siano quei campi ove il sistema-Paese può ulteriormente migliorare. Essenzialmente gli scenari di potenziamento possono prendere piede in quattro campi dall’alto valore strategico.

Risulta innanzitutto necessario difendere la capacità produttiva delle imprese esportatrici in un contesto in cui le nuove rivoluzioni economiche, dalla transizione energetica alla sfida della digitalizzazione e dell’Ia, imporrà un’attenzione sempre crescente a un capitale umano di prima fascia. La crescita, congiunta, di competenze, produttività e salari appare fondamentale per preservare sul medio e lungo periodo questo fondamentale risultato.

In secondo luogo, va valorizzato l’accesso del nerbo dell’industria esportatrice, quello rappresentato dalla piccole e media impresa, a un processo di crescita costante della capitalizzazione, per preservare l’autonomia patrimoniale e la capacità di sviluppo di diverse eccellenze del sistema italiano. Questo è altresì fondamentale in una fase in cui il know-how e le competenze del tessuto industriale possono essere messi a repentaglio dalla possibilità di scalate straniere a imprese ad alta intensità produttiva ma scarsa robustezza patrimoniale.

Terzo fronte è quello della cooperazione pubblico-privato. L’export in futuro sarà ancora più strategico per il sistema-Italia se all’industria si affiancherà il ruolo di

promozione di università, laboratori, incubatori di start-up. La promozione di filiere legate a settori come la robotica avanzata, le tecnologie abilitanti l’Ia, la chimica e la farmaceutica di base, i semiconduttori, l’elettronica più avanzata passa anche per questo processo in cui non solo la grande industria ma anche attori di taglia minore possono e devono esser coinvolti al fianco del sistema pubblico, come avviene già oggi in Stati come Francia, Regno Unito, Usa.

Infine, è oggi più che mai fondamentale ricordare il peso “geopolitico” dell’export e il fatto che i venti di de-globalizzazione soffianti sul mondo impongono a istituzioni e imprese di non scordare l’importanza dell’elaborazione di un’adeguata serie di scenari securitari nella costruzione delle politiche per l’export. L’Italia deve saper fare squadra sostenendo gli esportatori a bypassare i problemi legati al rischio Paese, alle crisi geopolitiche, alle conflittualità emergenti e in quest’ottica l’appoggio di strutture economiche a capitale pubblico come l’Ice, Sace e Simest dovrà sovrapporsi alla continua collaborazione tra pubblico e privato per fare di una crescita dell’export sostenibile e sistemica un orizzonte del Paese.