Ora più che mai, del Mar Rosso è bene non dimenticarsi. A nove mesi dai primi attacchi dei ribelli Houthi al traffico merci nella rotta marittima che congiunge Mediterraneo e Oceano Indiano le operazioni di interdizioni al traffico condotte dai guerriglieri yemeniti non cessano e, anzi, la risposta degli Houthi alla guerra a Gaza resta una minaccia, spesso sottovalutata, al commercio internazionale.
Lunedì 15 luglio sono avvenuti nella stessa giornata due attacchi dei ribelli partiti dallo Yemen, che in quell’occasione hanno colpito il traffico merci nella regione e hanno preso di mira delle navi nel Mar Rosso, negli stessi giorni in cui Washington alzava l’asticella dell’operazione marittima Prosperity Guardian inviando una portaerei statunitense nella regione per garantire la sicurezza della vitale arteria commerciale.
Un cargo di Singapore è stato poi colpito nella giornata del 20 luglio scorso. Insomma, l’offensiva continua e per il commercio globale è un lento logoramento sulla scia della nuova volontà del leader dei ribelli yemeniti Abdul Malik al-Houthi, che da maggio ha dato ordine di intensificare gli attacchi alle infrastrutture e ai mezzi che trasportano merci dirette a Israele o legate a settori di pertinenza dell’economia israeliana.
In questo ultimo mese gli attacihi con missili, droni navali e barchini sono stati tredici. Interessante è il fatto che ormai il bersaglio principale sono diventate le petroliere, a testimonianza della capacità Houthi di capire come mettere in difficoltà l’Occidente e gli alleati attraverso il ganglo vitale dei mercati energetici. Dopo che un drone yemenita nella giornata del 19 luglio ha violato lo spazio aereo israeliano colpendo Tel Aviv gli Houthi hanno subito una dura reazione da parte dello Stato Ebraico, che ha condotto incursioni sul porto di Hodeidah per neutralizzare alcuni assetti militari. A testimonianza di una crisi che, con l’autunno e l’inverno, potrebbe tornare a preoccupare anche i mercati occidentali.