Il 1° luglio, Viktor Orbán ha assunto la presidenza di turno dell’Unione Europea per conto dell’Ungheria, dando il via a una serie di iniziative diplomatiche sorprendenti. Nei giorni successivi, Orbán ha intrapreso un tour diplomatico visitando Kiev per incontrare il presidente Zelensky, Mosca per colloqui con Vladimir Putin, e Pechino per discutere con Xi Jinping. Il prossimo appuntamento è il vertice della NATO a Washington. Queste mosse hanno suscitato reazioni furibonde da parte dei politici europei e sorpresa tra i membri della NATO, sollevando interrogativi sulle reali intenzioni di Orbán.
Orbán, spesso visto come un autocrate illiberale e antieuropeista, sta scuotendo un’Unione Europea impegnata nel rinnovo delle proprie cariche istituzionali. Durante il semestre di presidenza ungherese, l’attenzione è focalizzata su Budapest. Tuttavia, è improbabile che i colloqui di Orbán producano risultati concreti. L’UE, gli Stati Uniti e l’Ucraina sono difficilmente inclini ad accettare soluzioni proposte da un leader che ha manifestato scetticismo sugli aiuti a Kiev e ha mostrato simpatia per il “piano di pace” di Xi Jinping, rigettato dagli USA.
La strategia diplomatica di Orbán si basa su una visione alternativa: proporre la ricerca della pace prima di discutere qualsiasi altra opzione. Mentre molti leader occidentali sostengono la necessità di una sconfitta della Russia per porre fine al conflitto, Orbán suggerisce di coinvolgere tutti gli attori principali, inclusi la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping, nel processo di pace. La sua teoria sfida l’assioma prevalente secondo cui la sconfitta della Russia è l’unica via d’uscita dalla crisi.
Questo approccio differente di Orbán, sebbene controverso, rappresenta una sfida significativa alle strategie attualmente adottate dai principali attori internazionali. La sua missione potrebbe non portare a cambiamenti immediati, ma intende dimostrare che esiste una possibilità di percorrere vie diplomatiche alternative. Anche per fini strumentali in campo europeo: a capo del nuovo gruppo dei Patrioti per l’Europa che si propone d’essere il primo dell’opposizione nel nascituro Parlamento Europeo Orban intende strizzare l’occhio ai Paesi che puntano a un’interpretazione diversa del ruolo dell’Ungheria e dell’Unione Europea nel panorama internazionale. Confliggendo apertamente con la Commissione Europea di Ursula von der Leyen. Il punto problematico di questa strategia è legata al fatto che il solipsismo di un presidente di turno dell’Ue può minare il già precario sentimento di unità dell’Europa nella gestione delle crisi globali e sull’efficacia delle attuali strategie geopolitiche. Tutto di guadagnato per Orban, che dall’immigrazione ai preziosi fondi Ue con cui irriga la sua economia da quasi quindici anni prospera al potere sfruttando fragilità e tensioni di un’Unione divisa e in cui Budapest è attore politico capace di giocare all’incasso.