Il voto comunitario ha aperto una profonda riflessione sul tema di quella che sarà la politica industriale dell’Europa di domani. In quest’ottica, infatti, l’Unione Europea ha visto profondamente punite sia quelle forze che in campo elettorale chiedevano una stretta sempre più decisa sul Green Deal avviato da Ursula von der Leyen, a partire ovviamente dai Verdi, sia quelle formazioni fautrici di una più profonda integrazione europea, come i liberali di Renew Europe.
Si pone oggigiorno il tema di una politica industriale coerente capace di fare tesoro delle lezioni apprese dal Covid-19 in avanti e di far fronte alle grandi sfide globali che dall’Ira e Chips Act americano al progetto Made in China 2025 sull’Ia di Pechino stanno manifestandosi anche sotto forma di grandi piani di ingegneria industriale capaci di condizionare oggigiorno molti dei piani e dei progetti dell’Unione Europea per uno sviluppo coerente e comune.
Quali sono le priorità industriali dell’Europa? Vale, oggigiorno, ciò che scriveva nel 2023 lo storico ed economista della Columbia Adam Tooze sul Financial Timesnel definire come complessa la ricerca di una via comune a un interesse europeo: “Di fronte allo shock pandemico divisivo del 2020, è stata l’abilità politica, sotto forma del laborioso accordo NextGen EU, a salvare l’Europa. La precondizione per questo successo era l’accordo tra Berlino e Parigi. Sfortunatamente, tre anni dopo, le relazioni tra Francia e Germania sono pessime come lo sono state da decenni. Considerata la posizione difficile di Macron, qualsiasi iniziativa dovrà venire da Berlino, dove il governo sembra principalmente preoccupato dalle controversie all’interno della coalizione tripartitica di Olaf Scholz”. La paralisi dell’esecutivo di Francia e Germania dopo la debacle elettorale di Scholz e Macron lascia aperti molti dossier: cosa succederà sul mercato dei semiconduttori? E dei colossi industriali europei, come Airbus? E del sostegno comunitario a tecnostrutture energetiche, commerciali e di vari altri settori? La nuova Commissione dovrà indicare settori d’intervento e capire come agire nel migliore dei modi. Specie nella doppia transizione, green e digitale, ove l’Europa rischia di pagare dazio rispetto al resto dei colossi globali.