La crisi di Suez non è ancora finita e il Mediterraneo e i suoi porti si trovano ad affrontare un problema solo apparentemente controintuitivo che rischia di metterli sotto stress: se nella prima fase della crisi legata al blocco dei traffici per i raid dei ribelli yemeniti Houthi il problema era veder deserto il traffico merci, ora si pone un’altra problematica. Ovvero quella dei lunghi tempi di giacenza delle merci che condizionano diversi scali.

Algeciras, Barcellona e Tangeri sono stati i primi. Ma presto il problema potrebbe diventare italiano: Il cambiamento delle dinamiche commerciali indotto dalla crisi di Suez ha prodotto un effetto-chiave, La scelta della rotta del Capo di Buona Speranza da parte di molte compagnie ha movimentato in questi mesi il traffico container intermedio tra i porti del Mediterraneo, con la conseguenza di veder accumularsi tempi e code nei settori dei trasporti.

“I problemi sorgono poiché anche i terminal per la movimentazione delle auto finite stanno soffrendo di una grave congestione”, nota il Financial Times, “in gran parte a causa dell’aumento del numero di veicoli esportati dall’Asia verso l’Europa e il Nord America e un rallentamento delle vendite di veicoli. Mentre Algeciras e Tangeri-Med non hanno pubblicato statistiche sul traffico quest’anno, Barcellona ha registrato un aumento del 17% dei container movimentati a febbraio rispetto allo stesso mese dell’anno scorso”.

I tre scali sotto stress sono tra i maggiormente attivi nel processo di trasbordo intermedio tra i cargo di taglia medio-piccola e quelli di portata oceanica, mentre per l’Italia si stanno manifestando i due volti della crisi. Da un lato,“porti che avevano fatto dell’interconnessione dal Mediterraneo all’Oceano Indiano via Mar Rosso un perno della loro attività, come Genova, Livorno e Venezia, hanno visto un calo degli attracchi; dall’altro, scali come Augusta, Cagliari e Napoli, orientati maggiormente all’attrazione di cargo di dimensione differente, hanno visto una crescita. Si pone, urgentemente, il tema di una strategia nazionale di governo della logistica, su molti fronti ancora carente.