L’Unione Europea, tramite l’agenzia Eurostat, ha lanciato nelle scorse settimane dei dati allarmanti sul tema dell’evoluzione demografica del Vecchio Continente. Preannunciando il prossimo recesso della popolazione dell’Unione. Le previsioni di Eurostat indicano che l’Unione Europea potrebbe assistere a una diminuzione della sua popolazione del 6%, pari a oltre 30 milioni di persone, entro il 2100.
Quasi la metà (45,5%) dei bambini nati nell’UE nel 2021 erano primogeniti, con una percentuale che supera la metà in Lussemburgo (53,2%), Portogallo (53,0%), Romania
(52,4%) e 50,3% a Malta. Al contrario, le percentuali più basse di primogeniti sono state registrate in Estonia (37,2%), Lettonia (38,2%) e Irlanda (38,7%).
Dopo due anni di calo dovuti alla pandemia di Covid-19, la popolazione dell’UE ha iniziato a riprendersi nel 2022, raggiungendo stimati 451 milioni di persone all’inizio del 2023. La popolazione dei 27 Paesi della comunità europea dovrebbe toccare un picco di 453 milioni di persone nel 2026, per poi diminuire a 420 milioni nel 2100.
L’Europa del 2100, ricordano la ricerca sulla demografia e un’analisi demografica dell’Unione Europea commentata da Euronews, appare destinata a essere caratterizzata da una società in continua contrazione demografica e soggetta a un pesante invecchiamento. La percentuale di anziani, ossia persone di 65 anni o più, aumenterà, mentre diminuiranno sia la quota di bambini e giovani sotto i 20 anni che quella della popolazione in età lavorativa.
Nel 2100, si prevede che le persone di 65 anni o più rappresenteranno il 32% della popolazione, rispetto al 21% del 2022. Di conseguenza, la piramide demografica mostrerà una distribuzione più sbilanciata verso le fasce di età più avanzate, con più persone oltre gli 80 anni rispetto a quelle sotto i 20.
Il tasso medio di fertilità nell’UE, che nel 2021 si è attestato a 1,53 nati vivi per donna, ha registrato un lieve aumento rispetto al 2020 (1,50), ma resta inferiore al 1,57 del 2016.
I tassi di fertilità minori nel 2021 sono stati registrati tra Malta (1,13 nascite per donna), Spagna (1,19) e Italia (1,25), mentre la Francia si è posizionata al primo posto con un tasso di fertilità medio di 1,84, seguita da Repubblica Ceca (1,83), Romania (1,81) e Irlanda (1,78).
Nonostante tassi di fertilità al di sotto del livello di sostituzione, alcuni paesi dell’UE hanno comunque registrato una crescita della popolazione. Ad esempio, la Francia ha visto aumentare la sua popolazione negli ultimi 20 anni. L’Italia è, invece, tra i fanalini di
coda nell’Ue. L’Italia ha assistito a una perdita di 1,3 milioni di residenti dal 2014 a oggi, con prospettive ancora più preoccupanti: nei prossimi dieci anni, seguendo la stessa tendenza, si prevede una diminuzione di altri 1,2 milioni di persone. Questo quadro dipinge una situazione demografica in netta recessione, evidenziata da numerosi studi, tra cui quelli condotti dall’Istat, che ne sottolineano l’urgenza. Una realtà che potrebbe
generare problemi strutturali all’economia italiana. L’invecchiamento della popolazione nei prossimi anni comporterà una carenza di manodopera in vari settori, con potenziali ripercussioni significative.
I segnali di allarme sono evidenti, basti considerare alcuni dati recenti. Dal 2021, il numero di imprese manifatturiere italiane che segnalano difficoltà nella ricerca di personale è cresciuto in modo significativo, superando di sei volte il livello precedente. Nel 2023, tra il 9 e il 10% delle imprese italiane hanno evidenziato questa problematica. La carenza di manodopera interessa tutte le regioni e i settori macroeconomici, con particolare rilievo nel comparto dei servizi e delle costruzioni.