La situazione dell’approvvigionamento delle materie prime e della logistica dei porti italiani si fa sempre più critica. A lanciare l’allarme l’Ufficio Studi di Confapi, che evidenzia come i porti di Ravenna e Marghera stiano vivendo una fase di estrema congestione a causa del materiale fermo in attesa di essere sdoganato a gennaio, pena il pagamento di un dazio al 25%.
Solo a Ravenna, sono state identificate 7 navi contenenti materiale siderurgico in attesa di accosto per un carico complessivo di circa 165.000 tonnellate metriche a cui si aggiungeranno altre navi in arrivo entro il 31 dicembre per un totale di circa 400.000 tonnellate. In termini più pratici, 400.000 tonnellate di acciaio corrispondono a circa 16.500 camion che, messi in fila, formerebbero una coda pari a circa 250 chilometri (tratto di autostrada da Ravenna a Brescia). Ravenna e Marghera sono i due principali porti dove transita circa l’80% in import dei prodotti siderurgici, soprattutto di prodotti piani.
«La condizione di grave congestione nei porti è anche diretta conseguenza delle misure di salvaguardia applicate dall’Unione Europea che hanno notevolmente contribuito ad alimentare la carenza di tanti prodotti siderurgici nel mercato italiano – dichiara il presidente di Confapi Maurizio Casasco – l’Italia è un Paese trasformatore di materie prime delle quali non può esserci una carenza strutturale dal lato dell’offerta. Al momento, i principali Paesi esportatori di acciaio hanno già raggiunto le quote in una fase di mercato caratterizzata dalla drammatica necessità da parte dell’industria di trasformazione di avere materiale. Occorre ripensare il meccanismo abolendo il calcolo basato per Paese, aumentando la capienza di almeno il 10%. In discussione, dunque, è la distribuzione delle quantità che deve essere maggiormente libera e non irreggimentata in vincoli geografici che fanno riferimento a una fase storica non più attuale e non fanno altro che creare una carenza di materiale».
«Così come è urgente l’attuazione dei progetti legati al Pnrr e la discussione sulle risorse dalla Legge di Bilancio – conclude il presidente Casasco – è altrettanto necessario assumere decisioni improcrastinabili in questo ambito. In un momento di tensioni sull’offerta causate dal Covid non è possibile imporre ulteriori strozzature da misure di contingentamento dell’approvvigionamento di materie prime. Quando ci si trova in una fase di domanda in crescita, rimanere ancorati alle quote di importazioni, fissate anni prima e inopinatamente riconfermate, avendo come riferimento volumi non coerenti con la realtà, significa danneggiare non solo il corretto funzionamento del mercato, ma anche minare la competitività delle nostre imprese in un momento in cui tutti gli sforzi sono focalizzati alla ripresa produttiva».